Chicchi d’uva, grappoli, foglie, ma non di vite,
mani di pittura, trapani, lavori, giostre infinite,
cornici, avanspettacoli, storie poco riuscite,
imprese insospettabili, come l’assenza di cellulite.
Continuano, interminabili, a rovesciarsi come impazzite
coltelli, lame implacabili, a ravvivare vecchie ferite
e arrivano da tutti gli angoli, da tutti i piani di un grattacielo,
richieste sia di miracoli sia di pompieri a stendere un velo.
De profundis clamamus ad te Domine.
De profundis clamamus ad te Domine.
E immagini, echi di cronache, frasi scontate, senza pietà:
dovere per una stampa, per qualche virgola di verità
ed aquile e foche monache, orsi che migrano nelle città.
Sui mari d’olio, neri di folaghe, solo gli squali hanno libertà
e fondi e celebrazioni, marce e bandiere, donne e violenza,
per i diritti, per le generazioni, per la ricerca …di un po’ di decenza
e arrivano dolori ai fianchi, ai nostri corpi poco reattivi.
Le cure ci fanno stanchi. Anche i dottori sono abusivi.
De profundis clamamus ad te Domine.
De profundis clamamus ad te Domine.
agostino guarino ©