FERRAGOSTO


Mare di gente, come gnu migranti,
guadando e calpestandosi di parole,
si riversano, in abitudini obbligatorie,
ad ostruire passaggi,
ad impedire sguardi,
a tacere silenzi e possibili estasi.

Mani ululanti, grida insignificanti,
file interminabili che aspettano
una panna da leccare
e poi come gustare,
tra spinte e gimcane,
ad evitare frane,
per difendere la preda da assaggiare.

Bambini, carrozzine, palloncini,
giocolieri e tamburi a rincarare la dose
e tutti, come caproni
chiusi in un recinto senza confine,
a guardare stupiti
cose di poco gusto,
di poco fasto.
Diciamo pure: fuori posto.

Saltimbanchi improvvisati,
magari laureati e privi di lavoro,
ma anche di inventiva,
trascinano nei nodi la saliva mentolata
di una cicca masticata un po’ di rabbia
e poi nascosta nella sabbia,
come un ladro che si lecca i baffi
davanti a tanto bene,
a tanto navigare di contatti
che, a poterne approfittare,
sembra gioco da ragazzi.

E una luna da lontano -meraviglia-
si defila sotto un cirro.
Nessuno che la nota
in mezzo a tutto questo caos
e nessuno che si siede e si prenota
una mezzora di silenzio.
Quasi che l’attesa umile di un tempo,
in un debole oscillare,
sia pericolosamente diventata inusuale.


agostino guarino ©

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