L’altro pomeriggio
ho preso in mano una matita
e ho detto: disegno il tuo viso,
sicuro di riuscita
Ho definito i tuoi contorni,
affilato punta e dita.
Che ci sei non sono giorni.
Dalle prime righe
si poteva già capire
che esitavo e che non ero
certo in grado di finire
e non per via del viso:
solo per la verità che affiora
qui, davanti alla realtà.
Credevo di conoscere i contorni;
capisco invece di essere lontano,
lontano molti giorni;
di non poter guidare la mia mano,
di non poter guidare la mia mano.
E per risolvere l’intento
passerà un po’ più di tempo,
se non per rivederti,
ancora per averti.
Passerà più di un momento
per capirti, indubbiamente
e per seguire la tua mente.
Per capire i tuoi silenzi,
i tuoi sottili tradimenti,
i tuoi giochi confidenti,
i tuoi vizi persistenti,
i tuoi attimi latenti,
ed i miei strani movimenti,
le mie strette in mezzo ai denti.
Credevo di conoscere i contorni;
capisco invece di essere lontano,
lontano molti giorni;
di non poter guidare la mia mano,
di non poter guidare…
E ti dico, in confidenza:
quando pensi di conoscere la vita,
vedi, è solo un’apparenza.
Ti accorgi che non basta una matita.
Ti accorgi che non basta…
Continuo a disegnare
e forse tra due fogli,
tra due fogli avrò aggirato
questi maledetti scogli,
e abbozzando un orizzonte
vorrei ricominciare
con un tratto lineare
a scrivere in azzurro com’è il mare,
a scrivere in azzurro com’è il mare.
a scrivere in azzurro com’è il mare,
a scrivere in azzurro.
agostino guarino ©