DIRETTISSIMO


Io e la mia fantasia,
vicino alla ferrovia,
ad aspettare un treno immaginario
che ci porta via,

su queste rotaie
arrugginite dall’indifferenza,
che non curvano alle risaie
né portano segni di pazienza.

Abbiamo studiato e macinato,
cercato, migrato e ringraziato,
ma non ci è stato rilasciato
un permesso meritato.

E allora viaggiamo
sul velluto imporporato,
sbiadito da teste e sederi senza ramo
di vecchi che da giovani hanno parlato

e che oggi hanno consumato
questo deserto di nebbia e sassi,
questi rosicchiati materassi
di cemento e terra,

di messi avute dalla guerra,
di figliuoli denutriti
e di paesaggi travestiti di materia
che si muove deleteria,

sulla collina della miseria
che da Hiroshima va ad Imperia,
su parabole di migratorie
e reti senz’altro transitorie,

su bande incognite e spie,
telecomunicazioni e psicomanie,
che anche al cielo prima o poi,
senza accendere domande,

metteranno le serrande
a chiudere la luce delle stelle
e quella della luna, alla mia pelle,
alla mia voce inopportuna.

Una preghiera e un “così sia!”
per ritornare al tuffo nella fantasia,
ad aspettare un direttissimo
che ci porti finalmente via

da queste rotaie,
arrugginite dall’indifferenza,
e dal sale delle ambite baie
che corrode, nel verificare della loro assenza.


agostino guarino ©

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