Qualche numero sognato,
un biglietto stropicciato:
ritagli “pomeriggio”
di un giorno addormentato.
La gente è come automa,
le foglie in mezzo a un prato.
La vita è come in coma
sotto i fanghi del passato.
Rigore alla reception.
Scarseggiano i sorrisi.
Col personale “vecchio”,
anche il sole sembra in crisi.
La biancheria pulita,
il cameriere al piano,
nell’ovatta si nasconde
un bell’intreccio corrimano.
Riscaldo le mie membra
in una stanza annuvolata.
Riposo senza tregua
in questa valle abbandonata.
Mi corico nel fango.
Sto bene sotto terra.
Risciacquo la mia anima:
“ristoro dopoguerra”.
Ricarico le pile,
ma ho desolazione
nel vedere lì, “morire”,
quelle tragiche persone.
La vita è un’altra cosa:
è animo, energia.
Un’aureola luminosa
intorno a un corpo fa poesia.
La vita è desiderio,
amore per le cose.
Avere e dare il meglio,
uscire dalle case.
La vita è l’aria fresca
sulle guance della sera.
A vent’anni sei già vecchio
o ad ottanta ancora in vena.
La vita non finisce
in una camera d’albergo,
dove tutto s’azzittisce,
tra moquette o altro gergo.
La vita è qui da prendere,
non lasciamola scappare.
Non lasciamola sospendere,
come un cero sull’altare.
Domani mi allontano,
ritorno dall’oriente.
Ritorno al quotidiano,
alla casino della mente.
agostino guarino ©