INGORGHI


C’erano i presupposti
per un possibile buon fine:
il tuo muoverti discreto,
senza inutili moine;

io, che ero in compagnia
e non potevo districarmi.
solo far brillare gli occhi
al tuo muto salutarmi.

Poi trovarti, in un frangente,
così, improvvisamente
e riuscire a camminare
qualche metro e dirti: «Dove…»

«Dove vivi? Dove dormi? »;
qualche accenno ai tuoi contorni
e altrettanto all’improvviso,
ritornare ai nostri ingorghi,
ai nostri inutili trasbordi,

da una stanza ad un albergo,
da un locale a un “io” superbo
e miscele di buffet
e strabilianti décolleté…

Ritrovarmi in un ambiente
ben distante dai miei sogni,
sempre pieno d’altra gente
e di inutili bisogni.

Vedo giungere anche facce
poco amabili, insidiose,
che m’incutono sospetti:
arie un po’ pericolose.

Poi mi accorgo che tu stessa
sei pedina da sfruttare
nel contesto di una festa
poco, ormai, particolare.

Dico “poco” perché, adesso,
fa tendenza, più del sesso,
fare uso di elementi
che ci rendono brillanti,
che sistemano argomenti
anche ai belli più ignoranti

e la magica opinione,
quella fuori dal cortile,
quella delle macchinone,
dei divani vecchio stile,

vive bene e se la gode.
Ogni tanto qualche frode
per agevolare i conti,
per poter “andare avanti”.

Insomma, un’altra delusione.
Un sogno inutile da fare.
Una birra ed un cannone
forse, era più salutare!

La serata è proseguita
fino a notte già inoltrata.
Una notte un po’ scucita
e nemmeno programmata.

Poi le storie per un camion
e un bambino che guidava.
Anche lì contestazioni
con qualcuno che gridava.

Una madre indifferente,
come spesso s’intravede
di famiglie inclini al niente,
se l’amore soprassiede.

C’era tutto il necessario,
solo ad esser predisposti,
ma un ingorgo fuori orario
ha scombinato i presupposti.


agostino guarino ©

pubblicata sul periodico web Acta Diurna 2009

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