I rospi arrancano accaniti.
Di contro, le cicale abbaiano,
strascicando le ultime cantilene
prima che la luna sbocci all’improvviso
dietro le nuvole sporche
di un tramonto tardivo.
È l’ora del riposo,
quando dal lavoro si smette
e ci si siede a posto.
Qualcuno ad imboccare pietanze,
qualcuno ad aspettare un ristoro,
qualcuno a pensare.
È l’ora del ritorno,
della tregua, del rinfresco,
se l’aria lo permette,
se il vento lo promette,
se gli insetti vanno altrove.
Anche il gatto ha capito.
Basta ormai uno sguardo
e se ne va compito,
senza dimissione,
senza aver subito.
Torna al suo posto,
giù al portone,
all’ombra della sera
che ha rapito una speranza
o che ha lasciato uno spiraglio in una stanza
dove andare ad accucciarsi
senza prima aver rincorso
qualche movimento, scòrso
tra le foglie di una siepe
o tra le pieghe di una roccia.
Mentre il giorno si accartoccia
e si distende nel suo letto,
le campane fanno rima dietro il tetto
e le cicale adesso… so cos’hanno detto.
agostino guarino ©